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Era il 17 agosto 2021 quando, a due giorni dalla caduta di Kabul, in una conferenza stampa i talebani promettevano che avrebbero protetto i diritti dei media e delle donne. “I media privati possono continuare a essere liberi e indipendenti. Possono continuare le loro attività", aveva dichiarato il portavoce dei talebani Zabihullah Mujahid, aggiungendo: "Permetteremo alle donne di lavorare e studiare". A due anni di distanza dalla presa del potere e da quelle dichiarazioni, il paese è precipitato ormai in una spirale di repressione, e attraversa una delle peggiori crisi umanitarie al mondo.

Secondo la ACLED (Armed Conflict Location and Event Data Project), ci sono stati oltre 1000 episodi di violenza contro i civili da parte dei talebani, nel periodo che va dalla caduta di Kabul al 30 giugno scorso. Il dato pone il regime talebano tra i primi governi o Stati de facto autori di violenze contro la popolazione, secondo solo alla giunta militare del Myanmar. Un rapporto di Amnesty International dello scorso giugno ha invece messo in evidenza la pratica delle punizioni collettive in quelle zone dove si è concentrata maggiormente la resistenza ai talebani, come il Panshir. La lista di crimini di guerra e violazioni del diritto internazionale commesse nella regione è impressionante, denuncia Amnesty: torture, esecuzioni, cattura di ostaggio, incendi e detenzioni arbitrarie.

L’Afghanistan dopo il ritorno dei talebani: senza cibo e senza diritti

Secondo Human Rights Watch, la repressione dei diritti in Afghanistan sta colpendo in particolare donne e bambini. Dall’insediamento del regime, le autorità talebane stanno negando a donne e ragazze “il diritto all’istruzione, al lavoro, al movimento e alla riunione”. Il 20 dicembre 2022 è stato imposto il divieto alle donne di accedere alle università, scatenando numerose proteste nei campus. Pochi giorni dopo, il 24 dicembre 2022, è stato annunciato il divieto per le donne di lavorare con le organizzazioni non governative locali e internazionali, tra cui le Nazioni Unite. Ciò ha danneggiato gravemente i mezzi di sostentamento delle donne, rendendo praticamente impossibili i processi di monitoraggio della loro condizione.

"Le politiche misogine dei Talebani mostrano un totale disprezzo per i diritti fondamentali delle donne", ha dichiarato Fereshta Abbasi, ricercatrice sull’Afghanistan di HRW. "Le loro politiche e restrizioni non danneggiano solo le donne afghane che sono attiviste e difensori dei diritti, ma anche le donne comuni che cercano di vivere una vita normale".

Aggiungendosi a decenni di guerra, eventi climatici estremi e disoccupazione diffusa, le restrizioni hanno contribuito a peggiorare la crisi alimentare nel paese. Secondo i dati a disposizione delle Nazioni Unite, oltre 28 milioni di persone, pari a circa due terzi della popolazione, necessitano assistenza umanitaria. Quattro milioni sono gravemente malnutrite; di queste, 3,2 milioni sono bambini sotto i cinque anni. "La popolazione afghana sta vivendo un incubo umanitario sotto il dominio talebano", ha dichiarato Fereshta Abbasi. ... continua a leggere

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